Ricorso della Regione Siciliana, in persona  del  Presidente  pro
tempore   Sebastiano   Musumeci,   rappresentato   e   difeso,    sia
congiuntamente che  disgiuntamente,  giusta  procura  a  margine  del
presente   atto,   dagli   avvocati   Maria   Carmela   Mineo   (PEC:
mariacarmelamineo@pec.it) e Marina Valli  (PEC:  marina.valli@pec.it)
dell'Ufficio legislativo e  legale  della  Presidenza  della  Regione
Siciliana (fax 091 - 6254244), elettivamente  domiciliato  presso  la
sede dell'Ufficio della Regione Siciliana in Roma,  via  Marghera  n.
36, ed autorizzato a proporre ricorso con deliberazioni della  Giunta
regionale che si allegano, 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi; piazza  Colonna  n.
370 presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri,  e
difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, presso i cui uffici  e'
elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12,  per  la
dichiarazione illegittimita' costituzionale dell'art. 13,  commi  02,
03 e 04 del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, come  convertito  in
legge 21 settembre 2018, n. 108, pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica italiana S.G. del 21 settembre 2018, n. 220. 
 
                                Fatto 
 
    Nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  del   21
settembre 2018, n. 220, e' stata pubblicata  la  legge  21  settembre
2018, n. 108, di conversione con modificazioni, del decreto-legge  25
luglio  2018,  n.  91,  recante  «Proroga  di  termini  previsti   da
disposizioni legislative», c.d. «Milleproroghe». 
    L'art.  13  del  suddetto  decreto-legge  n.  91/2018,  rubricato
«Proroga di termini in materia di finanziamento degli investimenti  e
di sviluppo infrastrutturale del Paese»,  quale  risulta  convertito,
comprende commi 02, 03 e 04 che di seguito si riportano. 
    «02. L'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di  quanto
disposto ai sensi  del  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 29 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  n.  148
del 27 giugno 2017, nonche' delle delibere del CIPE n. 2 del 3  marzo
2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'art. 1,  comma
141, della legge 11 dicembre 2016,  n.  232,  e'  differita  all'anno
2020. 
    Conseguentemente, le amministrazioni competenti provvedono, ferma
rimanendo la dotazione complessiva loro  assegnata,  a  rimodulare  i
relativi impegni di spesa e i connessi pagamenti a valere  sul  Fondo
per lo sviluppo e la coesione. 
    03. Gli effetti  positivi  sul  fabbisogno  e  sull'indebitamento
netto derivanti dal comma 02, quantificati in 140 milioni di euro per
l'anno 2018, 320 milioni di euro per l'anno 2019, 350 milioni di euro
per l'anno 2020 e 220 milioni di euro per l'anno 2021, sono destinati
al fondo di cui al comma 04. 
    04. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle
finanze e' istituito, con una dotazione, in termini  di  sola  cassa,
pari a 140 milioni di euro per l'anno 2018, a 320 milioni di euro per
l'anno 2019, a 350 milioni di euro per l'anno 2020 e a 220 milioni di
euro per l'anno 2021, un apposito fondo da  utilizzare  per  favorire
gli investimenti delle citta' metropolitane,  delle  province  e  dei
comuni  da  realizzare  attraverso  l'utilizzo   dei   risultati   di
amministrazione degli esercizi precedenti». 
    Tali  disposizioni  riguardano  aspetti  della   disciplina   del
Programma straordinario di intervento per la riqualificazione  urbana
e la sicurezza delle periferie delle citta' metropolitane dei  comuni
capoluogo di provincia (c.d. Piano periferie). 
    Riportandosi alla  ricostruzione  operatane  nella  deliberazione
della  Corte  dei  Conti,  Sezioni  Riunite  in  sede  consultiva  27
settembre 2018, n. 7, il quadro normativo sul quale  le  disposizioni
oggi impugnate vanno ad incidere risulta il seguente. 
    La legge 28 dicembre 2015, n. 208  (legge  di  stabilita'  2016),
all'art. 1, commi 974, 975, 976, 977 e 978 ha istituito,  per  l'anno
2016, il Piano periferie. 
    Per l'anno 2016,  per  attuare  dette  disposizioni,  sono  stati
stanziati 500 milioni di euro su un apposito fondo, denominato  Fondo
per l'attuazione del programma periferie, da trasferire  al  bilancio
autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. 
    Ai  fini  della  predisposizione  di  tale  Programma,  gli  enti
interessati hanno trasmesso i progetti alla Presidenza del  Consiglio
dei ministri, secondo le  modalita'  e  le  procedure  stabilite  dal
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25  maggio  2016  e
dal relativo bando. 
    Con decreto del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  del  6
dicembre 2016 e' stata approvata la graduatoria dei progetti (n. 120)
per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle  periferie  delle
citta' metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia.  Il  valore
finanziario complessivo dei progetti ammonta a 3.881.000.000 euro. La
quota complessiva da imputare al finanziamento statale corrisponde  a
un valore di 2.061.321.739,61 euro. 
    Con lo stesso decreto si e' stabilito che  i  primi  24  progetti
sono finanziati con le risorse di cui  all'art.  1,  comma  978  (500
milioni), dunque sul Fondo per l'attuazione del programma  periferie,
mentre  i  restanti  con   le   risorse   messe   successivamente   a
disposizione. 
    Il finanziamento e' effettuato in diverse tranche, come precisato
da ultimo con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16
febbraio 2017, prevedendosi una quota di finanziamento anticipato del
20%  dell'importo  del  singolo  intervento  di  cui  si  compone  il
progetto. 
    Per i primi 24 enti - tra i quali  il  Comune  di  Messina  -  le
convenzioni  sono  state  sottoscritte  nel  mese  di  marzo  2017  e
successivamente registrate dalla Corte dei Conti. 
    Per assicurare il finanziamento dei  restanti  enti  (n.  96  tra
comuni capoluogo di provincia  e  citta'  metropolitane)  si  e'  poi
proceduto  a  rifinanziare  le  risorse  stanziate  dalla  legge   di
stabilita' 2016, ai sensi dei commi 140 e 141 dell'art. 1 della legge
11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017). 
    Il citato comma 140 ha istituito un  nuovo  fondo  da  ripartire,
Fondo  per  il  finanziamento  degli  investimenti  e   lo   sviluppo
infrastrutturale del Paese, con una dotazione  di  1.900  milioni  di
euro per Panno 2017, di 3.150 milioni di euro  per  l'anno  2018,  di
3.500 milioni di euro per l'anno 2019 e di 3.000 milioni di euro  Per
ciascuno degli anni dal 2020 al 2032. Ivi sono  stati  individuati  i
settori di spesa, fra i quali la  riqualificazione  delle  periferie,
rinviando a un emanando decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri   la   disciplina   sull'utilizzo   del    fondo,    nonche'
l'individuazione degli interventi e dei relativi importi. 
    Il comma 141 prevede che, in aggiunta alle risorse  assegnate  in
sede di riparto del fondo di cui  al  comma  140,  con  delibera  del
Comitato interministeriale per la  programmazione  economica  (CIPE),
vengano destinati ulteriori finanziamenti,  a  valere  sulle  risorse
disponibili del Fondo per lo sviluppo e  la  coesione  (FSC)  per  il
periodo di programmazione 2014-2020, al fine di garantire il completo
finanziamento dei  progetti  selezionati  nell'ambito  del  Programma
straordinario di intervento  per  la  riqualificazione  urbana  e  la
sicurezza delle periferie delle citta'  metropolitane  e  dei  comuni
capoluogo di provincia, di cui all'articolo 1, commi da  974  a  978,
della legge n. 208 del 2015. 
    Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  29  maggio
2017, ai sensi dell'art. 1, comma 140, della legge n. 232  del  2016,
sono stati assegnati al programma periferie 800 milioni di euro:  270
per 2017, 270 per 2018 e 260 per 2019, a  valere  sul  Fondo  per  il
finanziamento degli investimenti e lo sviluppo  infrastrutturale.  Si
prevede che le stesse risorse siano poi  portate  nel  Fondo  per  lo
sviluppo e la coesione e siano gestite secondo le  procedure  di  cui
all'art. 1, comma 703, della legge n. 190 del 2014. 
    Ai Sensi dell'art. 1, comma 141, della citata norma, con delibere
del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto  2017,  e'  stato
assegnato l'importo residuo di 761,32 milioni di euro  a  valere  sul
Fondo  per  lo  sviluppo  e  la  coesione  relativo  al  periodo   di
programmazione 2014-2020. Per la precisione: 260 milioni di euro  per
il 2017, 247,00 milioni di euro per il 2018 e 254,32 milioni di  euro
per il 2019. 
    Essendosi cosi reso disponibile l'intero ammontare delle  risorse
necessarie per il Piano periferie (pari a 2.061,3 milioni), nel  mese
di  gennaio  2018  sono  state   sottoscritte   tutte   le   restanti
convenzioni, ad esclusione di quella con il Comune di L'Aquila. 
    A seguito della registrazione presso la  Corte  dei  conti  delle
convenzioni,  i  suddetti  enti  hanno  avviato  le   operazioni   di
affidamento delle gare di progettazione e/o di esecuzione dei lavori. 
    Il fondo di cui all'art. 1,  comma  140,  e'  stato  oggetto  del
rifinanziamento disposto con l'art. 1, comma  1072,  della  legge  di
bilancio 2018, per cui il fondo da ripartire di cui all'art. 1, comma
140, della legge n.  232  del  2016,  risulta  rifinanziato  per  800
milioni di curo per l'anno 2018, per 1.615 milioni di euro per l'anno
2019, per 2.180 milioni di euro per ciascuno degli anni dal  2020  al
2023, per 2.480 milioni di curo per l'anno 2024 e per  2.500  milioni
di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2033. 
    Le risorse trasferite alla data della citata deliberazione  della
Corte dei Conti, per il Piano periferie, sono solo quelle a titolo di
anticipazione a valere sulle risorse di cui all'art.  1,  comma  978,
della legge n. 208 del 2015 (500  milioni  di  euro)  per  totali  81
milioni, ai primi 24 Comuni, in esito alle attivita'  di  verifica  e
monitoraggio,  ai  sensi  delle   convenzioni,   sulla   base   degli
avanzamenti dei progetti. 
    Intervenendo  su  tale   quadro   normativo   e   di   attuazione
amministrativa   del   medesimo,   le   norme    del    decreto-legge
«Milleproroghe»  prevedono  il  differimento   dell'efficacia   delle
convenzioni  riguardanti  quegli  interventi  del   Piano   periferie
finanziati con il Fondo per il finanziamento degli investimenti e  lo
sviluppo infrastrutturale  del  Paese  e  con  il  Fondo  sviluppo  e
coesione di cui, rispettivamente, ai commi 140 e 141 dell'articolo  1
della  legge  di  stabilita'   per   il   2017   e   impongono   alle
amministrazioni locali coinvolte di rimodulare i relativi impegni  di
spesa e i connessi pagamenti. 
    Sempre seguendo la Corte dei Conti, e' da  evidenziare  che  tale
obbligo di rimodulazione e' tanto piu' pregnante considerato  che  da
esso  dipendono  gli  effetti  positivi  sui  saldi  derivanti  dalla
sospensione dell'efficacia delle convenzioni,  come  calcolati  dalla
stessa legge. 
    La norma, trattandosi di spese in conto capitale, prevede effetti
positivi sul fabbisogno  e  sull'indebitamento  netto  derivanti  dal
differimento di  efficacia  delle  convenzioni,  quantificati  in  un
totale  di  circa  1030  milioni  corrispondenti  agli   stanziamenti
autorizzati, di competenza e di cassa, per gli anni 2018 e 2019,  dal
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 (270
milioni per il 2018 e 260 per il 2019) e dalle delibere CIPE (247 per
il 2018 e 254 per il 2019). 
    Tale calcolo presuppone che nessuna di queste somme sia  stata  o
venga trasferita agli enti  locali.  Si  tratta,  in  effetti,  della
totalita' delle somme stanziate, per competenza, con riferimento alle
due annualita' per le quali l'efficacia delle convenzioni e' sospesa. 
    Da cio' consegue anche che  non  vi  e'  alcuna  possibilita'  di
effettuare erogazioni, in corso di anno, in favore di enti  locali  i
cui  progetti  risultino,  alla   data   del   15   settembre   2018,
effettivamente in esecuzione o conclusi, relativamente  alle  risorse
rispetto alle quali sono stati calcolati  gli  effetti  positivi  sul
fabbisogno  e  sull'indebitamento   netto   e   corrispondenti   agli
stanziamenti di cui al  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 29 maggio 2017 e alle delibere CIPE n. 2 del 3 marzo 2017  e
n. 72 del 7 agosto 2017, riferiti agli anni 2018 e 2019. 
    Inoltre, anche con  riferimento  alle  somme  stanziate,  per  le
medesime finalita', per  gli  esercizi  precedenti  e  confluite  nei
residui del Fondo sviluppo e coesione,  appare  problematico  che  si
possa procedere all'accertamento dei  presupposti  per  i  pagamenti,
secondo gli avanzamenti stabiliti  dai  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri citati  in  costanza  di  una  sospensione  di
efficacia delle convenzioni. 
    Si  rappresenta  che,  per  quanto  riguarda   la   Sicilia,   le
disposizioni oggi all'esame di codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale
producono effetti nei confronti di undici enti locali, i quali  nella
graduatoria dei 120 progetti per  la  riqualificazione  urbana  e  la
sicurezza delle periferie delle citta'  metropolitane  e  dei  comuni
capoluogo di provincia figurano come di seguito si riporta:  
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Considerato che le Regioni sono legittimate a denunciare la legge
statale anche a difesa delle  attribuzioni  dei  propri  enti  locali
(cfr. Corte Cost. sent. n. 298 del 2009  e  precedenti  ivi  citati),
ritenendo  le  suindicate  disposizioni  illegittime,  si  affida  il
ricorso ai seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1) Violazione degli articoli 114 e 119 della Costituzione. 
    Le norme oggetto della presente impugnativa non  intervengono  su
un ordinario fondo di finanziamento di spesa previsto dalla  legge  e
diretto agli Enti locali, eventualmente revocabile o modificabile con
altra norma, ma su un programma in fase di esecuzione  per  differire
l'efficacia di convenzioni stipulate al fine di  realizzare  progetti
individuati in esito a procedura competitiva. 
    Tali convenzioni o accordi di programma  definiscono  i  soggetti
partecipanti alla realizzazione dei progetti, le risorse  finanziarie
e i tempi di attuazione dei progetti medesimi, nonche' i criteri  per
la sospensione ed eventuale  revoca  dei  finanziamenti  in  caso  di
inerzia. 
    A decorrere dalla data di registrazione da parte della Corte  dei
Conti (gennaio/marzo 2018) i Comuni,  facendo  legittimo  affidamento
sulla piena ed effettiva titolarita' del finanziamento e sulla  piena
efficacia  degli   obblighi   convenzionali,   nel   rispetto   delle
disposizioni in materia di programmazione  economico  -  finanziaria,
hanno inserito nelle programmazioni triennali delle  opere  pubbliche
tali investimenti e nei bilanci di previsione triennali  le  relative
previsioni  di  spesa.   Conseguentemente,   hanno   avviato   l'iter
amministrativo per l'implementazione dei progetti (definizione  delle
procedure ad evidenza pubblica per la  predisposizione  dei  progetti
definitivi/esecutivi, definizione dei bandi  gara  per  i  lavori  da
realizzare e, in alcuni casi, realizzazione dei relativi  lavori).  I
Comuni e le Citta' Metropolitane hanno quindi  in  ottemperanza  agli
obblighi convenzionali sostenuto, a decorrere dalla data di efficacia
delle  convenzioni,  spese  ed  oneri  amministrativi  e   gestionali
estremamente consistenti, assumendo impegni in bilancio  e  specifici
obblighi contrattuali verso terzi. 
    Il  suddetto  slittamento  puo'  creare  un  pesantissimo   danno
economico e sociale in tutti i settori coinvolti, in quanto mette  in
serio pericolo la possibilita' di attuazione  dell'intero  programma,
anche a seguito di possibili fuoriuscite  di  partner  privati,  che,
assieme agli  enti  pubblici,  si  sono  impegnati  a  garantirne  il
cofinanziamento. 
    Il  differimento  dell'efficacia  di  tali  convenzioni  comporta
quindi un ingiustificabile lesione dell'autonomia  finanziaria  degli
enti locali impegnati in tali progetti, autonomia  loro  riconosciuta
dall'art. 119 della Costituzione, in quanto lo Stato intervenendo, in
modo unilaterale, autoritativo e rigido, sull'attivita' che gli  enti
locali stanno ponendo in essere per  la  realizzazione  dei  progetti
viene ad incidere sull'equilibrio finanziario degli enti medesimi. 
    Codesto Giudice delle leggi anche da ultimo ha avuto occasione di
rimarcare che «nell'ambito delle spese di natura  pluriennale  e,  in
particolare,  degli  investimenti,  il  principio   della   copertura
consiste nell'assoluto equilibrio tra risorse e spese,  sia  in  fase
previsionale  che  durante  l'intero  arco  di  realizzazione   degli
interventi» cosicche' «la sottrazione ex lege di parte delle  risorse
attuative di programmi gia' perfezionati  negli  esercizi  precedenti
finisce per ledere anche l'autonomia dell'ente territoriale che vi e'
sottoposto»  nella  misura  in  cui  non   consente   di   finanziare
adeguatamente le funzioni (Corte Cost. nn. 10/2016 e 101/2018). 
    La circostanza che agli enti locali siciliani vengano  a  mancare
risorse  cospicue  si  ricava  dai  sopra  trascritti   importi   dei
finanziamenti congelati e dei relativi cofinanziamenti mentre per  le
criticita' derivanti da tale inaspettata carenza basti  pensare  alla
situazione della finanza locale in Sicilia. 
    In ragione di tutto  quanto  sopra  evidenziato,  il  pregiudizio
arrecato in  materia  finanziaria  comporta  altresi'  subordinazione
degli enti locali rispetto allo Stato, in contrasto  con  l'art.  114
Cost. Pertanto si denuncia insieme che le norme sottoposte  all'esame
di codesta ecc.ma Corte costituzionale sono lesive del  principio  di
pari  dignita'  costituzionale  fra  i  soggetti  costitutivi   della
Repubblica ed il riconoscimento della piena autonomia politica  degli
enti territoriali, nel perseguimento degli interessi generali di  cui
sono portatori nello svolgimento  della  funzione  di  rappresentanza
della propria comunita', cosi' come sancito dall'art.  114,  primo  e
secondo comma, della Costituzione. 
    Dopo  la  riforma  del  titolo  V,  infatti,  il   riconoscimento
costituzionale   della   equiordinazione   dei   diversi   enti   che
costituiscono la Repubblica e l'affermazione della pari dignita'  fra
le articolazioni territoriali del potere pubblico assurgono a criteri
regolativi generali del nostro ordinamento; essi  recano  in  se'  ed
implicano, pertanto, l'applicazione costante ed  indefettibile  della
regola della leale  collaborazione.  In  piu'  occasioni  il  giudice
costituzionale  ha  ribadito  esplicitamente  che  nel  nuovo  quadro
costituzionale   la   cooperazione   istituzionale   costituisce   la
condizione basilare per il corretto funzionamento del nostro  assetto
istituzionale,   caratterizzato   dalla    complessita'    e    dalla
molteplicita' dei soggetti che lo compongono. 
    Ne', per  giustificare  il  blocco  dell'operativita'  del  Piano
Periferie, avrebbe pregio invocare la sentenza n. 74  del  13  aprile
2018. 
    Al riguardo basti considerare da un lato  che  la  stessa  norma,
prevedendo  il   differimento   dell'efficacia   delle   convenzioni,
presuppone la persistente legittimita' delle stesse,  anche  dopo  la
sentenza della Corte costituzionale e, dall'altro, che  nel  medesimo
art. 13 del decreto-legge n.  98/2018  la  legge  di  conversione  ha
inserito anche il comma 01, secondo cui per gli interventi rientranti
nelle  materie  a  competenza  regionale,  individuati  con   decreti
adottati anteriormente alla data del 18 aprile  2018,  l'intesa  puo'
essere raggiunta anche successivamente all'adozione degli stessi. 
    Sembra quindi a  questa  Regione  che  le  norme  impugnate,  che
contraddicono l'intento perseguito dal comma 01, nulla abbiano a  che
fare con l'assolvimento  dell'obbligo  derivante  dalla  sentenza  di
codesta ecc.ma Corte costituzionale. 
2) Violazione dell'art. 81  della  Costituzione  recante  i  principi
dell'equilibrio di bilancio e di copertura finanziaria  delle  leggi,
che rivestono un ruolo fondamentale a garanzia  della  compatibilita'
delle scelte politiche  rispetto  alle  risorse  a  disposizione.  La
sospensione, in corso d'esercizio finanziario,  dell'efficacia  delle
convenzioni  determina   infatti   una   improvvisa   e   del   tutto
imprevedibile mancanza di copertura  finanziaria  delle  obbligazioni
gia'  assunte  comportando  inevitabilmente  a  carico   dei   Comuni
l'insorgere di spese non coperte da relativa entrata. 
    Danni  ulteriori  possono  poi  derivare  dalla   necessita'   di
modificare il bilancio pluriennale con l'emersione di un nuovo debito
causato dal blocco del finanziamento, che puo' alterare il  saldo  di
pareggio di bilancio e gli stessi equilibri di parte corrente, con un
aumento del debito  e  degli  oneri  finanziari  a  carico  dell'ente
locale. Cio' in quanto il finanziamento in acconto 2018 a valere  sul
Programma straordinario per le periferie concorre gia' al saldo 2018,
a fronte di impegni assunti nei confronti di terzi che in molti  casi
non possono essere sospesi. 
    Gli Enti potrebbero trovarsi nell'impossibilita' di rispettare  i
tempi di pagamento obbligatori  di  cui  al  decreto  legislativo  n.
231/2002 e successive modifiche,  la  cui  sanzione  e'  l'automatica
corresponsione di interessi moratori. 
    E viene percio' in rilievo che codesta  ecc.ma  Corte  ha  sempre
affermato che copertura economica  delle,  spese  ed  equilibrio  del
bilancio sono due  facce  della  stessa  medaglia,  dal  momento  che
l'equilibrio presuppone che ogni intervento programmato sia  sorretto
dalla previa individuazione delle pertinenti risorse, e che la  forza
espansiva dell'art. 81, terzo comma, Cost., presidio degli  equilibri
di finanza pubblica, si sostanzia in  una  vera  e  propria  clausola
generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi  causa  di
effetti perturbanti la sana gestione finanziaria  e  contabile  (cfr.
sentenza n. 274/2017 e giurisprudenza ivi richiamata). 
3) Violazione degli articoli 3 e 97 Cost. 
    Le  norme  censurate  violano  altresi'  il  principio  di   buon
andamento  della  pubblica  amministrazione  inteso  quale  ordinato,
uniforme  e  prevedibile  svolgimento   dell'azione   amministrativa,
secondo principi di legalita' e di buona amministrazione. Piu'  volte
il giudice costituzionale ha avuto modo di ribadire che il  principio
di continuita' dell'azione amministrativa e' strettamente correlato a
quello di buon andamento; le norme censurate, sospendendo l'efficacia
di atti  pienamente  esplicativi  di  effetti  giuridici  potenziali,
nonche'  gia'  dispiegati  e  consolidati,  violano  il  generale   e
preminente interesse pubblico alla certezza ed  alla  stabilita'  dei
rapporti giuridici gia' definiti dall'amministrazione (sul  principio
di continuita' dell'azione  amministrativa  e  buon  andamento,  cfr.
sent. n. 15/2017). 
    Da  evidenziare  inoltre  che  la   disposizione   costituzionale
prevede, dopo la riforma, che per tutte le pubbliche  amministrazioni
l'equilibrio dei rispettivi bilanci sia prodromico al buon  andamento
e all'imparzialita' dell'azione amministrativa. 
    Le norme in oggetto, inoltre, vanificando di fatto  il  complesso
processo amministrativo ed organizzativo posto in essere  dagli  enti
attuatori  del  Programma  straordinario   di   intervento   per   la
riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie  delle  citta'
metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, ledono altresi' il
principio di economicita' dell'azione  amministrativa,  inteso  quale
corollario del buon andamento della pubblica amministrazione. Cio' si
traduce, inevitabilmente, in una indebita compressione dell'autonomia
di programmazione e di spesa  riconosciuta  agli  enti  locali  quali
soggetti autonomi costitutivi della Repubblica. 
    Le   norme   censurate   violano,   altresi',   i   principi   di
proporzionalita' e di ragionevolezza che devono sempre  assistere  le
scelte  del  legislatore,  anche   con   riferimento   al   legittimo
affidamento maturato dai comuni firmatari  delle  convenzioni.  Esse,
infatti,  prevedendo  un  blocco  indiscriminato  dell'efficacia  dei
contratti per destinare i conseguenti effetti positivi sul fabbisogno
e sull'indebitamento netto  al  fondo  finalizzato  a  «favorire  gli
investimenti delle Citta' metropolitane, delle Province e dei  Comuni
da realizzare attraverso l'utilizzo dei risultati di  amministrazione
degli esercizi precedenti», realizzano una impropria commistione  tra
risorse statali gia' stanziate e messe a disposizione dei Comuni  per
autonome  politiche  di  investimento  e  sviluppo  del  Paese  e  la
prospettiva dell'abbandono del saldo di  competenza  e  di  qualsiasi
altro  vincolo  diretto  sull'utilizzo  degli   avanzi   degli   enti
territoriali,   che,   come   riconosciuto   dalla    stessa    Corte
costituzionale  con  sentenze  n.  247/2017  e  n.  101   del   2018,
costituiscono risorse proprie degli  enti  territoriali.  Lo  sblocco
degli avanzi interessa una platea di Comuni ampia e  disomogenea  non
necessariamente coincidente con la platea degli  Enti  attuatori  del
Programma; pertanto  la  norma,  in  modo  del  tutto  arbitrario  ed
irragionevole, applica restrizioni uguali a  situazioni  che  possono
essere oggettivamente diverse, a seconda della situazione finanziaria
dei diversi enti interessati. 
    Inoltre, tale intervento, come detto, si pone in contrasto con il
doveroso rispetto del principio del legittimo affidamento. 
    In particolare, la giurisprudenza della Corte ha chiarito che «il
valore dell'affidamento trova copertura  costituzionale  nell'art.  3
Cost.» e che eventuali disposizioni incidenti su rapporti  costituiti
non possono trasmodare  in  un  regolamento  irrazionale,  frustrando
l'affidamento dei cittadini nella sicurezza  dei  rapporti  giuridici
(Corte Cost. n. 149/2017). 
    Pertanto,  a  fronte  di   posizioni   giuridico   -   soggettive
adeguatamente  consolidate,  come  sono  certamente  quelle  di   che
trattasi, in quanto obblighi giuridici  nascenti  da  convenzioni  di
diritto pubblico con efficacia e  forza  contrattuale,  e'  possibile
prospettare la lesione del principio  del  legittimo  affidamento  in
virtu'   di   un   intervento   legislativo   non    supportato    da
proporzionalita'. 
    Inoltre   le   norme    censurate    risultano    intrinsecamente
irragionevoli anche alla luce dell'assenza di una  norma  chiara  che
regoli gli effetti gia' prodotti in  particolare  nei  confronti  dei
terzi. 
    Ne'  e'  da  sottacere  la  circostanza  che  la   certezza   del
finanziamento in oggetto puo' aver  indotto  i  Comuni  e  le  Citta'
metropolitane,   nella   loro   piena   autonomia   decisionale    ed
organizzativa, a rinunciare ad altro  finanziamento  pubblico,  anche
comunitario. Lo stesso legislatore, tra l'altro, ha escluso i  Comuni
beneficiari delle risorse di cui al Programma  straordinario  per  le
periferie dalla possibilita' di  partecipare  alla  ripartizione  del
fondo per gli investimenti in sicurezza e manutenzione del territorio
di cui all'art. 1 comma 853 e segg.  della  legge  di  bilancio  2018
(complessivamente pari a 850 milioni di euro nel triennio 2018-2020). 
4) Violazione  degli  articoli  14,  lett.  o)  e  15  dello  Statuto
speciale. 
    Le disposizioni di cui ai commi 02, 03  e  04  dell'art.  13  del
decreto-legge «Milleproroghe» si sospettano anche  di  illegittimita'
costituzionale con riferimento alle norme dello  Statuto  recanti  la
competenza regionale in materia di enti locali. 
    Invero, come gia' rappresentato, «le Regioni sono  legittimate  a
denunciare la legge statale anche per la lesione  delle  attribuzioni
degli  enti  locali,  indipendentemente  dalla  prospettazione  della
violazione della competenza legislativa regionale» (sent.  298/09)  e
cio' considerato che «la stretta connessione, in particolare [...] in
tema di finanza regionale e locale, tra le attribuzioni  regionali  e
quelle delle autonomie locali consente di  ritenere  che  la  lesione
delle competenze locali sia potenzialmente idonea a  determinare  una
vulnerazione delle competenze regionali» (sentenze n. 169 e n. 95 del
2007, n. 417 del 2005 e n. 196 del 2004). 
    In ogni caso si rammenta che il «principio della correlazione fra
funzioni e risorse» che, come sopra illustrato,  le  norme  impugnate
vengono ad alterare costituisce un principio  immanente  e  pervasivo
del sistema costituzionale, desumibile  -  per  quanto  attiene  alla
Regione Siciliana -  anche  dall'art.  15,  comma  2,  dello  Statuto
regionale siciliano (che afferma che nella Regione  gli  enti  locali
sono  «dotati   della   piu'   ampia   autonomia   amministrativa   e
finanziaria»); e  pertanto  le  disposizioni  censurate  si  rivelano
comunque in  contrasto  oltre  che  con  i  gia'  indicati  parametri
costituzionali anche con tale norma statutaria. 
    Si denuncia infine pure il contrasto  in  via,  per  cosi'  dire,
mediata, per effetto e in conseguenza della lesione delle  competenze
locali, delle prerogative regionali da parte della legge statale.  Si
precisa infatti che i  pregiudizi  che  le  norme  impugnate  possono
arrecare  ai  Comuni  e  alle  citta'  metropolitane  della   Sicilia
finiscono spesso per trasferirsi sulla Regione imponendole in maniera
estemporanea oneri finanziari  e  amministrativi  e  cosi'  facendole
carico  in  definitiva  di  ulteriori  competenze  che  non   possono
assegnarsi con legge ordinaria senza violare la potesta'  legislativa
esclusiva in materia di enti locali.